Ambiente e ruoli istituzionali: sempre peggio!

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Che l’ambiente non potrebbe passarsela  peggio è fin troppo evidente e ben pochi possono ignorarlo. Non altrettanto chiaro per molti è che la causa  principale  e determinante sta nei sempre più confusi ruoli istituzionali. Quell’ormai famoso e traballante Titolo V che affida allo stato la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali che dovrebbe essere gestito in leale collaborazione costituzionale con regioni ed enti locali ha via via  inciampato nei più diversi tentativi di ricondurre allo stato quello che andava invece gestito d’intesa e –appunto- in leale collaborazione con gli altri livelli istituzionali.

L’ultimo e rovinoso tentativo fu il Referendum all’insegna renziana; ‘le regioni vanno punite’ ma non tutte perché per quelle speciali si è sostenuto quel regionalismo differenziato e asimmetrico che faceva comodo al Senato. Il referendum è fallito impedendo anche la cancellazione delle province dalla Costituzione, ma i danni non sono mancati. Infatti le regioni risultano oggi anche con maggiore competenze ma amministrative e non legislative comprese alcune delle province che si sono viste togliere ulteriori ruoli amministrativi traslocati nei capoluoghi regionali.

Prima però di passare ad alcuni altri aspetti rilevanti di questa situazione sempre più ingarbugliata voglio fare un rapidissimo accenno ai parchi e alle aree protette, cioè il soggetto istituzionale speciale a cui è affidata la gestione dei nostri territori più pregiati oggi alle prese con i disastri peggiori.

Non pochi di questi parchi dalle 5 Terre alle Dolomiti Bellunesi, Dal Gargano al Delta del Po mancano anche da più di un anno del Presidente e sovente anche del direttore con casse in più d’un caso a secco che negli anni non sono stati in grado e capaci di predisporre strumenti essenziali con il piano del parco che ha reso questi territori del tutto esposti e disarmati di fronte a fenomeni che per alcuni

aspetti avrebbero potuto e dovuto essere meglio fronteggiati. Il che la dice lunga sugli anni persi in parlamento a discutere della riforma della legge sui parchi perché secondo i sostenitori non funzionava a dovere. Per nominare presidenti, direttori, fare il piano e rimpinguare casse la legge non solo non lo impedisce ma lo prescrive. Il fatto è che la legge la si voleva modificare -e alcuni lo vorrebbero ancora- ridimensionando gli enti di gestione limitandoli a pochi rappresentanti e escludere quelle ambientaliste e scientifiche, per sostituirle con quelli di categorie. Insomma roba che non avrebbe più niente a che fare con organismi indispensabili per un parco.

Tornando a bomba e partendo proprio dalle leggi considerate da alcuni la condizione determinante per qualsiasi iniziative, vale la pena di ricordarne alcune molto recenti. La Madia è stata considerata costituzionalmente non corretta perché taglia fuori le regioni da qualsiasi coinvolgimento e anche informazione. La Commissione bicamerale per le questioni regionali avrebbe dovuto coinvolgere anche una rappresentanza delle regioni ma non è stato fatto. Sulle province scampate al referendum non sono riuscite a fare altrettanto dalla legge Delrio che le ha rese quasi senza poteri e ancor meno risorse.

Che l’ambiente abbia visto negli anni crescere i reati; abusivismo, interventi non in regola con le leggi sulle coste come sui fiumi e i laghi, in montagna come in città è noto e per questo giustamente era stata salutata l’entrata in vigore della legge sugli ecoreati. Finora però sembra sia servita a ben poco. Idem sulla legge anch’essa recente sui piccoli borghi i cui finanziamenti previsti  restano nei cassetti, perché i piani previsti non sono stati presentati. In compenso si prosegue come nei giorni scorsi  in Toscana con i referendum per accorpare piccoli comuni (che in Italia sono oltre il 70%) dove su 10 solo uno è passato. Insomma si continua con questa storia che in Italia i comuni sono troppi quando la Francia, la Germania e altri paesi  europei ci superano alla grande. I comuni non vanno accorpati per legge ma coinvolti in politiche specie nelle aree interne, più spopolate e isolate, in politiche integrate possibili solo con quelle politiche di leale collaborazione che si è persa per strada.

Il rilancio dei parchi che operano nei territori più pregiati e anche esposti può servire anche a queste nuove politiche che frantumate non servono a nessuno. Anzi servono all’abusivismo, ai reati e ai pretesti per non fare quello che si deve in base alla legge.

Renzo Moschini

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