Dopo il disastro referendario anche nei rapporti Stato-Regioni si riparte.

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E si riparte con una impostazione che riguarda su un piano di pari dignità sia le regioni ordinarie che quelle speciali che con il referendum erano state separate con penalizzazione delle prime e  premio incostituzionale per le seconde. E si riparte con l’intento di  regolare i rapporti i rapporti tra Stato e autonomie locali (Regioni, Province e comuni) nonostante questo resti un tema che fatica a ‘trovar posto nell’agenda politica’.

Le proposte sono state avanzate in una relazione della commissione parlamentare per questioni regionali presentata dal suo presidente Giampiero D’Alia.

Dopo il referendum, il superamento del bicameralismo perfetto e la configurazione del Senato quale Camera delle Autonomie resta infatti in piedi l’esigenza di individuare forme di raccordo tra Stato e Autonomie territoriali; la necessità di una riflessione sul sistema delle Conferenze (Conferenza Stato-Regioni, Stato-Città e Conferenza Unificata); il ruolo delle Regioni ad autonomia speciale;  il riordino  delle Province e i ruolo delle Città    metropolitane.

In particolare si chiede di dare attuazione ad un articolo della tanto famigerata legge costituzionale  del 2001 che del tutto ignorato che prevedeva che la Commissione parlamentare per le questioni regionali, in composizione integrata con rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, possa costituire uno snodo per la prevenzione del conflitto costituzionale tra Stato e Regioni. E’ chiaro che tutto questo richiederà una seria riflessione critica sia sulla situazione in particolare sia del problema degli statuti delle regioni speciali che della situazione delle province tanto per fare due esempi che in troppi continuano ad ignorare.

Ma far finta di niente-come il referendum insegna-non porta lontano.

Renzo Moschini

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