Federparchi e il gioco dei miglioramenti

F

di Carlo Alberto Graziani

1. Premessa

In un documento diffuso lo scorso 27 ottobre e pubblicato con molta evidenza sul suo portale Federparchi conta ben 66 miglioramenti della legge quadro sulle aree protette apportati dal disegno di legge approvato il 20 ottobre dalla Commissione ambiente del Senato. Le poche modifiche apportate dall’Assemblea che ha approvato il ddl il 10 novembre non incidono sostanzialmente sul contenuto del documento.

Una semplice analisi, accompagnata da una comparazione tra i testi, dimostra che:

  1. a) una parte consistente di quelli che vengono considerati miglioramenti è in realtà dovuta a scarsa conoscenza della legge quadro e di altre leggi;
  2. b) molti altri riproducono per scissione un’unica previsione normativa (in termini prosaici, sono il risultato di uno spezzatino);
  3. c) altri sono miglioramenti fittizi;
  4. d) altri ancora sono il frutto di un’interpretazione quanto meno opinabile;
  5. e) gli effettivi miglioramenti sono solo tra 14 a 22 (a seconda di come si contino) e corrispondono grosso modo a quelli che altrove ho  avuto occasione di indicare: essi però non sono tali da superare il giudizio fortemente negativo sull’intera proposta.

Sulla base di tali raggruppamenti vengono qui esaminati i veri o presunti miglioramenti con riferimento al testo della Camera a cui il ddl è stato trasmesso dal Senato (proposta di legge n. 4144) e dove il 20 dicembre la Commissione ambiente ha iniziato l’esame.

I numeri in neretto con il testo tra virgolette sono tratti dal documento di Federparchi. In corsivo sono le mie osservazioni.

2. Ignorantia legis non excusat

a) Nomina del Direttore dei parchi nazionali e delle aree marine protette

N. 11: “Introdotti requisiti minimi per l’incarico di direttore del parco e introduzione di requisiti per svolgere le funzioni di direttore del parco che oggi per legge non ci sono. I requisiti professionali per esercitare le funzioni di direttore di parco sono armonizzate con quelle dell’intera dirigenza pubblica”.

Precisato che la pdl riguarda i direttori dei parchi nazionali e delle aree marine protette, occorre rilevare l’inesattezza dell’affermazione che oggi non sia richiesto dalla legge alcun requisito per svolgere le funzioni di Direttore e non è altrettanto vero che il ddl armonizzi i requisiti per svolgere tali funzioni con quelli dell’intera dirigenza pubblica.

Sul primo aspetto il regime attualmente vigente per i direttori  prevede l’iscrizione ad apposito albo, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli, e la nomina da parte del Ministro dell’ambiente (art. 9, comma 11, legge 394/1991) e pertanto è molto più stringente di quello che si vorrebbe introdurre. Si prevede infatti che sia sufficiente per la nomina, oltre a una laurea in qualsiasi disciplina e a una “particolare”, ma non precisata, qualificazione professionale, una generica “comprovata esperienza professionale di tipo gestionale” (art. 4). Inoltre – previsione oltremodo grave – la nomina verrebbe effettuata dal Consiglio direttivo e non più dal Ministro.

Sul secondo aspetto occorre invece ribadire il netto contrasto con le norme sulla dirigenza pubblica: non solo con il principio che regola l’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici che deve avvenire “per concorso indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione”(art. 19, d.lgs. n. 165 del 2001), ma anche con la norma che regola l’attribuzione degli incarichi di funzioni dirigenziali – il Direttore di un parco nazionale o di un’area marina protetta è quanto meno un incaricato di funzioni dirigenziali – che devono essere conferiti solo “a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato” (art. 28, stesso d.lgs.).

N. 12: “Scelta del Direttore attraverso una selezione pubblica aperta a tutti. La selezione pubblica permette di allineare il procedimento e di renderlo aperto e trasparente”.

Sulla base della precedente osservazione risulta evidente come non si tratti di miglioramento rispetto alla vigente procedura concorsuale per l’ammissione all’albo. Non solo, ma poiché la nomina viene effettuata in base alla selezione di una terna che in quanto tale non contiene necessariamente una graduatoria e poiché la scelta viene effettuata discrezionalmente dal Consiglio direttivo e non più dal Ministro, la trasparenza diventa aleatoria e il procedimento distorto. 

b) Promozione delle attività

N. 41:  “Una parte degli interventi di promozione delle attività economiche deve servire a favorire occupazione giovanile accessibilità e fruizione per i soggetti diversamente abili. Niente di simile nella 394 attuale. Non sono necessari ulteriori commenti, credo”.

L’estensore del documento ignora che la legge quadro contiene una norma non solo simile, ma addirittura identica a quella della pdl, come si può vedere dalla seguente comparazione:

  • legge quadro, con riferimento alle attività promosse dal piano pluriennale economico e sociale (di seguito ppes) : “una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l’occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in particolare per i portatori di handicap” (art. 14, comma 3);
  • pdl: “Una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l’occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in particolare per i soggetti diversamente abili” (art. 5).

L’unico miglioramento è la sostituzione del termine handicap.

N. 39: “Agevolazione o promozione di attività agro-silvo-pastorali tradizionali connesse alla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali. Niente di simile nella 394 attuale; pertanto con questa disposizione si favorisce chi contribuisce alla conservazione”.

N. 40: “Agevolazione e promozione del restauro dei beni archeologici, storici e culturali. Niente di simile nella 394 attuale;  il parco ha la possibilità di favorire interventi di privati sul comparto archeologico storico culturale”.

Non è vero che nella 392 non ci sia niente di simile: sempre  il terzo comma dell’art. 14, infatti, stabilisce che il ppes debba prevedere “attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione d parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse”.

c) Gestione faunistica

N. 26: “Per le specie alloctone piani destinati all’eradicazione o al contenimento coerentemente alle disposizioni del regolamento 1143/2104 UE. Viene recepito , per la prima volta in uno norma italiana, il regolamento UE che si occupa delle cosiddette specie aliene, seconda causa di perdita di diversità nel mondo dopo la distruzione dell’Habitat”.

Tali misure, essendo previste in regolamenti dell’Unione Europea che, in quanto tali, sono fonti di diritto interno (sono cioè immediatamente applicabili all’interno degli stati membri), non costituiscono una modifica della legislazione vigente e quindi non possono essere qualificate come miglioramenti.

N. 38:Caccia regolamentata dal parco in area contigua. Parlare di area “cuscinetto” ai fini della conservazione senza far regolamentare l’attività venatoria al soggetto gestore dell’area protetta ha poco senso. Si colma una lacuna”.

N. 64: “Esercizio della caccia nelle aree contigue ad aree protette regionali regolamentata dal soggetto gestore. Stesse considerazioni fatte per i parchi nazionali”.

Si ignora quanto previsto dall’art. 32 , comma 4, della legge quadro: “L’organismo di gestione dell’area naturale protetta, per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico dell’area stessa, può disporre, per particolari specie di animali, divieti riguardanti le modalità ed i tempi della caccia”.

d) Divieto di caccia

N. 19. “Divieto di attività venatoria nei parchi nazionali. Esplicitazione formale e letterale del divieto di attività venatoria all’interno dei parchi nazionali, oggi non esplicita. Impossibilità di derogarvi mediante il regolamento del parco. Il divieto è assoluto e inderogabile”.

N. 20. “Impossibilità di deroga con regolamento al divieto di caccia a differenza di altri divieti. È la pietra tombale sulla possibilità di cacciare all’interno dei parchi”.

N. 57. “Divieto di caccia nei parchi regionali. Analogamente a quello previsto per i parchi nazionali, qui il miglioramento è ancora più evidente perché da una interpretazione letterale della norma attuale la caccia nei parchi regionali era non vietata”.

In questi tre punti l’ estensore dimostra di ignorare sia l’art. 22, comma 6, della legge quadro (“Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l’attività venatoria è vietata”) sia l’art. 21 della legge sulla caccia (legge 11 febbraio 1992, n. 157), oltre tutto successiva alla legge quadro sulle aree protette,  che è stata – questa sì – “la pietra tombale” per la caccia in tutti i parchi e in tutte le riserve.

e) Marchio

N. 49:  “Disciplina concessione marchio del parco. Oggi non esiste e la concessione del marchio in varie situazioni ha dato adito a contenziosi, che si basavano proprio sull’assenza di una chiara norma quadro”.

Invece oggi il marchio esiste e la sua concessione è prevista dall’art. 14, comma 4, della legge quadro: “l’Ente parco può concedere a mezzo di specifiche convenzioni l’uso del proprio nome e del proprio emblema a servizi e prodotti locali che presentino requisiti di qualità e che soddisfino le finalità del parco”.

L’art. 8 della pdl, nella prima parte del comma  1-duodecies, riproduce in termini quasi identici la previsione della legge quadro (“L’ente gestore dell’area protetta può concedere, anche a titolo oneroso, il proprio marchio di qualità a servizi e prodotti locali che soddisfino requisiti di qualità, di sostenibilità ambientale e di tipicità territoriale”) e, nella seconda parte,  aggiunge il riferimento alla necessità di predisporre specifici regolamenti e ciò è quanto già discende dai principi generali  ed è largamente attuato dagli enti gestori (“ Nell’ipotesi di cui al presente comma l’ente gestore è tenuto a predisporre uno o più regolamenti per attività o servizi omogenei recanti i requisiti minimi di qualità da garantire nonché a svolgere attività di controllo”).

f) Sponsorizzazioni

N. 50: “Possibilità di sponsorizzazioni a favore  e sponsorizzazioni del parco. Anche in questo caso si compensa un vuoto normativo dando la possibilità al parco di ricevere risorse aggiuntive e di incentivare attività”.

Non c’è alcun vuoto normativo per le sponsorizzazioni: rientrano nella previsione di cui all’art. 16, comma 1, lett. c), della legge quadro.

3. Gli spezzatini

a) Gestione delle aree Natura 2000

N. 3: “Le aree natura 2000 inserite all’interno delle aree protette diventano di competenza del gestore dell’area protetta. Riconduzione a coerenza interna della gestione dei siti natura 2000. Tali aree ove contigue o all’interno di un area parco saranno gestite dall’ente parco stesso. Sensibile il miglioramento e la semplificazione sulle competenze giuridiche e l’effetto per la conservazione”.

N. 4: “Aree natura 2000 esterne possono essere affidate in gestione ai soggetti gestori. La legge attribuisce la facoltà agli enti parco di gestire un’area natura 2000. L’obiettivo è il medesimo: aree interne a normativa speciale (come le AMP) o esterne ai parchi, ma soggette a conservazione (Aree natura 2000), si  integrano anche nella gestione con il sistema delle aree protette”.

L’attribuzione della gestione delle aree Natura 2000 agli enti gestori delle aree protette è  un miglioramento soprattutto se considerato unitariamente: attribuzione obbligatoria nel caso di aree interne (n. 3),come di fatto normalmente già accade, e facoltativa nel caso di aree esterne (n. 4).

b) Unificazione dei piani

N. 32. “Piano del parco: introduzione disciplina anche dei valori culturali insieme  a quelli naturali. Il piano del parco amplia significativamente il proprio oggetto. Sono nuovamente introdotti: la disciplina dei valori culturali e la disciplina dei servizi ecosistemici. Due novità che permettono agli enti parco di qualificarsi come enti in cui si dispone sulla gestione del territorio sotto il profilo culturale, arricchendo le funzioni di indirizzo degli organi di vertice, e, inoltre si stabilisce di disciplinare il nuovo argomento dei servizi ecosistemici”.

L’introduzione nel piano del parco dei valori culturali insieme a quelli naturali è il risultato dell’assorbimento del piano pluriennale economico e sociale (ppes) e perciò dell’unificazione dei due piani che, come vedremo, può essere considerata un miglioramento della legge quadro. Non è però esatto che l’introduzione dei valori culturali (i valori culturali non si “disciplinano”) e la disciplina dei servizi eco-sistemici rappresentino una novità: la prima è prevista dall’art. 14 della legge quadro a proposito del ppes; la seconda riproduce gran parte dell’art. 70 della legge 221 del 2015 (sulla promozione delle misure di green economy e sull contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali). Se, a proposito di quest’ultima, proprio si vuole individuare una novità la si può rinvenire nella formazione e rigenerazione del suolo che non è contemplato dall’art. 70 ed è invece previsto dall’art. 28 della pdl  (ma di tale servizio il documento non fa menzione).

Nell’illusionistica ricostruzione dell’ estensore l’unificazione genera per scissione  i seguenti sei miglioramenti.

N. 33. “Il piano del parco prevede, ora, la disciplina, la classificazione e la valutazione dei servizi ecosistemici. Come detto sopra il piano può disciplinare la gestione dei servizi ecosistemici, di cui già il legislatore ne ha compreso l’importanza nel cosiddetto collegato ambientale (legge n. 221/2015). Esso può rappresentare un nuovo strumento di governance del territorio, perché combina insieme, gestione delle risorse naturali, funzione di indirizzo, valore locale ed effetti globali”.

Come si è detto, non si tratta di una novità.

N. 34. ”Piano del parco: introduzione tra gli obiettivi dell’identificazione e valutazione delle pressioni e minacce per valori naturali e culturali e servizi ecosistemici. Al piano del parco viene assegnata una nuova missione: gestire il rischio di perdita della biodiversità, incredibilmente non presente nella 394 vigente. Il miglioramento ha a che fare, soprattutto, con le  pressioni, che possono essere qualificate come minacce potenziali”.

Obiettivo del piano del parco è tutelare i valori naturali (art. 12 della legge quadro): nella tutela dei valori naturali  rientra necessariamente la tutela nei confronti dei rischi di perdita di biodiversità e delle minacce potenziali a essa; un piano del parco, se vuole essere tale, non può non riferirsi anche a questa tutela, a prescindere dal fatto che la legge la preveda o meno.

Per inciso è opportuno precisare che la gestione dei rischi è assegnata all’ente gestore, non al piano il cui compito è quello di individuare le misure, non di gestirle.

N. 35. “Piano del parco: introdotta la definizione degli obbiettivi di conservazione dei valori naturali e culturali e valorizzazione dei servizi ecosistemici. Il piano del parco viene a qualificarsi quale strumento privilegiato di gestione dell’area protetta. Il suo carattere necessariamente diacronico conduce a considerare che gli obiettivi di conservazione potranno essere non solo puntuali, ma finalmente perduranti nel tempo. Questo assicurerebbe la reale conservazione degli ecosistemi e sarebbe anche un modo per valutare in modo oggettivo i risultati di conduzione del parco”.

Mera ripetizione effettuata con terminologia oscura e ridondante.

N. 36. “Aspetti di sviluppo economico e sociale inseriti nell’unico strumento del piano del parco. Il piano dovrebbe da ora disciplinare compiutamente lo sviluppo sostenibile dell’area protetta. L’inserimento in questo unico strumento dei temi di conservazione e sviluppo è in linea con la moderna visione delle aree protette  sancita con molta forza nell’ultimo congresso mondiale dei parchi (Sydney 2014)”.

Dichiarazione  in parte ripetitiva in parte ovvia per un’area protetta che voglia perseguire principi e finalità fissati dalla vigente legge quadro.

N. 44: “Abolizione piano di sviluppo economico e sociale. Viene definitivamente abrogato uno strumento mai veramente utilizzato dai parchi, di scarso rilievo politico programmatico. Semplificazione procedimentale, poiché si inseriscono i contenuti nell’unico strumento del piano”.

L’abolizione (assorbimento nel piano del parco) del ppes – che opportunamente la legge quadro non chiama piano di sviluppo proprio perché riguarda anche i valori della sfera sociale e perciò della personalità umana per i quali non è appropriato il termine sviluppo – è strettamente interconnessa con quanto risulta dal n. 32. Non ha comunque alcun fondamento la motivazione addotta per giustificare l’assorbimento: innanzi tutto perché quasi sempre le proposte di piano, anche se non ancora approvate, vengono di fatto applicate; inoltre perché, tranne in pochissimi casi, i piani non sono stati ancora approvati non perché siano di scarso rilievo programmatico (motivazione che non ha alcun senso logico), ma per  le ragioni politiche e burocratiche che ben si conoscono.

N. 60. “Eliminazione del piano pluriennale economico sociale dei parchi regionali. Come già esposto per i parchi nazionali”.

Mera ripetizione.

c) Ruolo dell’ISPRA

N. 5: “All’ISPRA (Istituto superiore per la ricerca ambientale) vengono attribuite le funzioni di supporto tecnico-scientifico, monitoraggio e controlli ambientali e di ricerca in materia di aree naturali protette, biodiversità e protezione dell’ambiente marini e terrestre.  Il supporto tecnico scientifico viene  affidato ad un ente nazionale unico, dotato di competenze e personale idoneo allo scopo”.

La precisazione delle competenze dell’ISPRA in materia di aree protette costituisce certamente un miglioramento, dal quale però scaturiscono, per illusionistica scissione, due punti:

N. 24: “Piano per la gestione faunistica approvato con parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA. Garanzia di correttezza scientifica e gestionale che oggi non sussiste: non è obbligatorio nemmeno il parere consultivo”.

N. 27: “Obbligatorietà per gli operatori che effettuano interventi di controllo faunistico di partecipare a corsi validati da ISPRA. Oggi non è prevista alcuna qualificazione, il parco nazionale può incaricare chiunque. La validazione di ISPRA è garanzia di correttezza scientifica”.

In entrambi i casi si tratta della necessaria conseguenza del ruolo attribuito all’ISPRA. Si aggiunga che per quanto riguarda il n. 27 non è corretto affermare che per il controllo faunistico “il parco nazionale può incaricare chiunque”: discende infatti dai principi generali sugli atti della pubblica amministrazione che l’autorizzazione debba essere concessa solo a operatori qualificati; la prassi conferma largamente che gli enti gestori provvedono a qualificare gli operatori proprio sulla base delle indicazioni dettate prima dell’INFS e ora dell’ISPRA.

d) Gestione faunistica

N. 23: “Gestione della fauna selvatica (art 11.1). In generale l’articolo conferisce a questa importante attività una conformazione più chiara e scientificamente corretta”.

L’articolo sulla gestione faunistica (art. 9 della pdl) rappresenta effettivamente, nel suo complesso, un miglioramento rispetto al regime vigente disciplinato dalla legge quadro all’ art. 11, comma 4, con un limite molto grave perché la gestione riguarda solo mammiferi e uccelli e perciò esclude rettili, anfibi e invertebrati.

Anche questo punto genera per scissione sei pretesi miglioramenti.

N. 25: “Gestione finalizzata al contenimento di  specie che possono determinare un impatto significativo sulla tutela di specie e habitat inseriti nelle direttive europee  (cinghiale etc).  Chiara definizione degli ambiti di intervento e delle finalità”.

N. 28: “Puntuale definizione delle modalità di redazione dei piani di gestione faunistica. Migliorato il drafting normativo e la chiarezza esplicative della norma.

N. 29: “Sanzioni accessorie per operatori che violano le modalità di controllo faunistico stabilite dall’ente parco. Si definisce un apparato sanzionatorio per le violazioni delle norme sulla gestione faunistica. L’intervento risulta migliorativo poiché completa una disciplina solo dispositiva e non anche sanzionatoria, prima.   

N. 30: “Definizione puntuale della titolarità sui capi abbattuti o catturati. Nell’ambito di una disciplina giuridica chiara e dei controlli (Ispra), il parco può entrare in possesso dei proventi per la vendita della fauna abbattuta all’interno di programmi specifici. La disposizione interviene a chiarire quanto prima fosse piuttosto ambiguo, anche se in larga parte applicato.

N. 31: “Creazione di un fondo a favore di ISPRA finalizzato alla ricerca su metodi non cruenti di controllo faunistico. Il 2% dell’introito da vendita di capi abbattuti sono destinati all’Ispra per ricerche di metodo non cruenti di abbattimento capi. La disposizione si qualifica come innovativa poiché si stimola un settore della ricerca piuttosto in ombra oggi e può generare risultati significativi in campo gestionale Gli effetti della disposizione si produrranno al di là delle vicende singole di ogni ente parco”.

N. 58: “Gestione faunistica nei parchi regionali regole uguali a quelle dei parchi nazionali. Tutte le regole migliorative sulla gestione faunistica valide per i parchi nazionali si applicano anche ai parchi regionali, omogeneità che oggi non c’era”.

Questi sei punti non sono altro che una  ripartizione della nuova  disciplina della gestione faunistica che proprio nella sua complessità costituisce un miglioramento.

e) Tempi certi

N. 6: “Nomina del presidente con tempi certi viene mantenuta l’intesa con le regioni ma deve essere resa in  tempi brevissimi  (15gg). Tempi procedimentali più ristretti e maggiore fluidità del diverse fasi procedimentali. Eliminazione dei lunghi commissariamenti e identificazione delle responsabilità”.

N. 22: “Tempi definiti per approvazione del regolamento del parco. Viene stabilito ed esteso a questo procedimento il metodo del silenzio assenso della legge n. 241. Decorsi i termini indicati dalla norma, il regolamento del parco deve intendersi approvato. Oggi i tempi sono indefiniti”.

N. 42: “Pronuncia della regione sul piano entro 60 gg dalle osservazioni. Dimezzati i termini di risposta della Regione sulle osservazioni del piano del parco”.

N. 43: “Abolizione silenzio/assenso per nullaosta ente parco su interventi all’interno del piano responsabilità per il funzionario che non si pronuncia entro i termini. Un cittadino ha diritto ad avere una risposta nei tempi di legge, ma se non la riceve, ne subisce le conseguenze; inoltre queste ultime non possono essere pagate dall’ambiente, ma è giusto che la responsabilità ricada su chi non adempie”.

Questi quattro  punti sono manifestazione di un indubbio miglioramento consistente nell’introduzione di tempi certi, definitivi. Considerare che si tratti di un unico complessivo miglioramento oppure  -“spezzatino” o meno – di quattro specifici miglioramenti  è solo questione di gusti.

Per quanto però riguarda il n. 6 , e perciò l’art. 4 della pdl, la scadenza di 15 gg  per il  raggiungimento dell’intesa tra Ministro dell’ambiente e Presidenti delle Regioni interessate è assolutamente aleatoria  e rende in pratica fittizia la previsione. Quanto alla scadenza dei 30 gg per il parere delle Commissioni parlamentari competenti, essa sembra essere meramente dispositiva.

f) Beni demaniali

N. 48: “Concessione onerosa dei  beni demaniali del parco a terzi.  Oggi il parco non può farlo”.

Mera conseguenza del n. 47.

4. Il fittizio diviene reale

N. 2: “Le aree natura 2000 (siti di importanza comunitaria (SIC), delle Zone speciali di protezione (Zps), e delle Zone speciali di conservazione (ZSC)) concorrono con le aree protette alla conservazione della biodiversità. La disposizione ha l’obiettivo di integrare  il sistema delle aree naturali protette con quello delle aree natura 2000 ai fini della conservazione della biodiversità. Oggi i due sistemi, salvo alcune virtuose eccezioni regionali, viaggiano  in maniera indipendente”.

L’affermazione contenuta nell’art. 1 della pdl secondo cui le aree della rete Natura 2000 “concorrono ai fini della conservazione della biodiversità insieme al sistema delle aree protette” è solo la constatazione di una situazione esistente e, in quanto tale, è superflua.

N. 14: “Trattamento economico dei direttori equiparato a quello dei dirigenti non generali del comparto degli enti pubblici non economici. Viene chiarito il livello giuridico del direttore, considerando le necessità di risparmio di spesa nell’intero settore pubblico. La disposizione rispetta già ora i CCNL”.

Questa disposizione si limita a formalizzare una prassi che discende dall’applicazione di principi generali e che rispetta il CCNL.

N. 15: “Entro il 1° gennaio 2017 tutti gli Enti parco si avvalgono delle procedure informatiche del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi, per il pagamento al personale delle competenze fisse e accessorie. Gli uffici di ragioneria degli enti parco vengono liberati da adempimenti, che ora trovano una corretta standardizzazione al livello ministeriale”.

Nulla di innovativo anche perché non sono previste specifiche sanzioni.

N. 17: “Abolizione della giunta esecutiva. L’organo era del tutto superfluo per la gestione di enti di così ridotte dimensioni. Di fatto un organo formale”.

Si tratta di un’inevitabile conseguenza della riduzione del numero dei componenti del Consiglio direttivo. In precedenza, con Consigli di quindici componenti, la Giunta ha svolto una funzione tutt’altro che formale pur trattandosi della “gestione di enti di così ridotte dimensioni”. 

N. 53: “Responsabilità amministrativa per personale pubblico e illecito  civile per il privato che violano le disposizioni dell’art 16. La norma è inderogabile perché sancisce la nullità delle clausole contrattuali difformi. La violazione di essa genererà anche responsabilità contabile innanzi alla competente Corte dei Conti. Opportuno ‘incentivo’ all’applicazione della norma”.

Norma superflua perché semplice attuazione dei principi generali sull’attività della pubblica amministrazione.

N. 66: “Aree marine di reperimento aggiunta Capo   d’Otranto -Capo Spartivento. Opportune ed interessanti aggiunte”.

Si tratta solo di una modifica di due aree già previste dall’art. 6 della legge quadro.

5. Peggioramenti camuffati da miglioramenti

N. 7: “Per il presidente viene richiesto il possesso di alcuni requisiti (comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni ovvero di indirizzo e gestione in strutture pubbliche o private). Oggi non viene richiesto nessun requisito, quelli indicati sono utili per espletare bene la natura dell’incarico”.

Effettivamente oggi non viene richiesto alcun requisito, ma il Ministro deve giustificare la sua scelta dimostrando che il nominato ha le qualità necessarie per assolvere la funzione presidenziale. Con la nuova normativa sarà sufficiente al Ministro dimostrare che il nominato ha un’esperienza come, per assurdo, perito grafologo oppure come gestore di un qualsiasi ufficio comunale o di un qualsiasi esercizio commerciale.

N. 10: “Nomina di un rappresentante delle associazioni agricole nei consigli al posto del  membro nominato dal MIPAF. Partecipazione nel Consiglio direttivo dell’ente parco di un rappresentante delle ass.ni agricole. Questo rende il Consiglio maggiormente sensibile alla gestione responsabile dell’agricoltura e del mondo rurale; diminuisce, infatti, la presenza istituzionale e aumenta quella operativa e rappresentativa di organismi dal basso. Inoltre il modo agricolo, per molte azioni, è il primo alleato per la conservazione (es. lotta al consumo di suolo)”.

L’introduzione del rappresentante delle associazioni agricole nazionali altera fortemente non solo l’equilibrio, ma anche la logica di una gestione che si basa sulla presenza nell’organo decisionale dei rappresentanti degli interessi generali: i molteplici interessi corporativi trovano la loro mediazione e la loro presenza grazie alla partecipazione dei componenti designati dalla Comunità del parco i quali rappresentano gli interessi dell’intero territorio che, in quanto tali, sono interessi generali. Si consideri poi, da un lato, che le associazioni agricole rappresentano tutta l’agricoltura e perciò anche l’agricoltura inquinante, che oltre tutto costituisce al loro interno il settore più potente e, dall’altro, che in alcuni parchi l’attività agricola è assente, o quasi, e prevalenti sono altre attività economiche (pesca, turismo, accompagnamento, interpretazione ambientale, ecc.). Le attività economiche a partire da quelle agricole, la cui importanza strategica nell’azione della gran parte dei parchi è comunque indubitabile, dovrebbero avere la loro giusta sede in quella Consulta che la stessa pdl prevede, ma solo per le aree marine protette (art. 12, comma 9).

Si aggiunga che l’introduzione della rappresentanza agricola si accompagna alla soppressione della componente scientifica: si intende così affermare un modello che contraddice una storia secolare e una prassi accolta nelle aree protette di tutto i mondo.

N. 18: “Il regolamento del parco opera anche nelle aree contigue. In coerenza con l’indirizzo generale, le aree contigue ai parchi sono destinatarie di una disciplina da parte del parco attraverso il piano, principale strumento di gestione dell’area protetta. Oggi il parco nelle aree contigue può dare solo degli indirizzi generali”.

N. 63:Aree contigue ai parchi regionali regolamentate dal parco. Stesse considerazioni fatte per i parchi nazionali”.

Le aree contigue possono comprendere anche territori di comuni che non sono del parco e perciò non sono membri della Comunità del parco: di conseguenza questi comuni non solo non partecipano all’adozione del regolamento da parte dell’ente parco perché non sono rappresentati nel Consiglio direttivo, ma vedono anche negata quella possibilità, oggi invece prevista in quanto “enti locali interessati” (art.11, comma 6, della legge quadro), di esprimere il “previo parere” nel corso della procedura per l’approvazione del regolamento da parte del Ministro dell’ambiente perché, secondo la modifica, tale parere viene espresso unicamente dalla Comunità. Di conseguenza, poiché il regolamento, ai sensi dell’art. 11 ora citato, disciplina l’esercizio delle attività consentite, questi comuni perdono una parte rilevante delle loro funzioni amministrative in evidente contrasto con l’art. 118 della Costituzione. 

N. 21: “Riconoscimento Federparchi. Viene dato per legge un riconoscimento ad una situazione di fatto”.

Tale previsione, contenuta nel ddl approvato dalla Commissione del  Senato, costituiva una palese violazione della libertà di associazione perché attribuiva alla Federparchi, associazione di diritto privato, il ruolo di rappresentante istituzionale delle aree protette italiane. E’ stata bocciata dall’Assemblea.

N. 45: “Indennizzo danno fauna selvatica solo per danni provocati nel parco. Sembra poco cambiare un “del” con “nel”. Ma questo è stato frutto di numerosi contenziosi, con un equivoco di fondo. La fauna non può essere “del” parco, perché è patrimonio indisponibile dello stato, un animale a volte sta nel parco e se fa danni è giusto che il parco li indennizzi, a volte sta fuori e compete ad altri”.

L’espressione “fauna del parco” non ha certo un significato patrimoniale proprio perché la fauna è patrimonio indisponibile dello Stato; essa invece indica quella fauna la cui tutela rientra tra le finalità fondamentali del parco e i cui danni pertanto è necessario indennizzare anche se si sono verificati all’esterno.  Così, ad esempio, i danni prodotti dalla cornacchia grigia possono non essere indennizzati perché non si tratta di “fauna del parco” in quanto la protezione di tale specie non sembra rientrare tra le finalità di un parco, mentre i danni prodotti dall’orso marsicano devono essere indennizzati anche se si producono all’esterno di quei parchi  dove questa specie è particolarmente protetta. 

N. 46: “Concorso alle spese per il recupero ambientale e della naturalità. Oggi numerosi soggetti pubblici ricevono dai titolari di attività che si svolgono nei parchi ristori economici a vario titolo (Canoni di concessione, royalties etc.), paradossalmente l’unico soggetto che deve lavorare per ‘il recupero ambientale e della naturalità’, il parco ne è escluso, la modifica compensa questa lacuna”.

La previsione delle royalties è una conseguenza distorta del principio “chi inquina paga” che si traduce in un altro principio:” se paghi puoi inquinare”. E’ evidente infatti  che, nel caso in cui gli impianti e le attività previsti dall’art. 8 della pdl fossero o divenissero lesive delle risorse naturali o paesaggistiche (dalle estrazioni petrolifere che, come è di recente avvenuto nella Val d’Agri, causano inquinamento alle derivazioni d’acqua che incidessero sul deflusso minimo vitale di un fiume, a impianti eolici fortemente impattanti sul paesaggio), l’azione dell’ente gestore a difesa di tali risorse diventerebbe più debole proprio perché inevitabilmente sarebbe condizionata dalla prospettiva del corrispettivo monetario. Appare inoltre di dubbia legittimità la previsione che assegna all’ente gestore le entrate da impianti e attività esistenti anche nelle aree contigue, soprattutto quando tali aree comprendono territori di comuni che non sono del parco. Si osservi infine che, come è ovvio, la previsione delle royalties non può applicarsi alle concessioni in corso. 

N. 52: “Il 30% degli introiti viene destinato al recupero ambientale e della naturalità; essi sono destinati ad un fondo finalizzato a garantire in particolare la conservazione della biodiversità e prioritariamente specie ed habitat di cui a direttive UE. Soprattutto i parchi regionali e le aree marine protette oggi hanno notevoli problemi di risorse e questa norma aiuta ad intervenire per la mission fondamentale delle aree protette”.

La previsione di tale destinazione – prevista nella misura del 30% dal ddl e aumentata al 50% dall’Assemblea del Senato (art. 8 della pdl) – non evita il condizionamento dell’ente gestore che comunque può confidare in una parte consistente degli introiti e soprattutto non diminuisce la gravità del principio “se paghi puoi inquinare”.

N. 54: Abolizione riserve marine. La disposizione migliora il sistema delle aree marine, provvedendo di abrogare una dizione che creava solo confusione. Per proteggere il mare restano cosi due forme: area marina protetta ed estensione del parco a mare”.

Non è esatto. Resta, a complicare il sistema ( senza che gli estensori se ne siano accorti), l’art.  20 della legge quadro che fa riferimento sia ai “parchi marini” sia alle riserve marine alle quali dovrebbe continuare ad applicarsi la legge 31 dicembre 1982, n. 979 (la legge sul mare), tranne le Commissioni di riserva espressamente soppresse dal secondo comma dell’art. 12 della pdl. La confusione è massima.

N. 65: “Istituzione del Comitato nazionale per le aree protette. L’organo nazionale ha un compito essenzialmente consultivo per la redazione del programma triennale nazionale e per la valutazione delle azioni degli enti parco. Strumento per una riflessione periodica approfondita sull’intero sistema”.

6. Miglioramenti effettivi 

a) Aree marine protette

N. 1: “Le aree marine protette prospicienti a parchi nazionali vengono inglobate nel parco come estensione a mare. La disciplina delle Amp contigue o all’interno delle aree viene ricondotta a unità sotto l’egida dell’ente parco. Resta la specialità della disciplina delle aree marine protette. Viene, però unificato il soggetto responsabile di esse, risparmio e razionalizzazione”.

N. 55: “Disciplina delle aree marine protette. All’interno di tali aree la disciplina dei divieti è ora esplicitata direttamente nella norma e viene risagomato il rapporto tra i divieti di legge e il decreto ministeriali istitutivo delle stesse e le deroghe ai divieti imposti. Norma generale più chiara che si allinea come tipologia a quella dei parchi nazionali”.

N. 56: “Introduzione del piano triennale delle aree marine protette. Il Mattm, il consorzio di gestione dell’Area marina protetta, gli enti locali consorziati sono tutti chiamati a esercitare le proprie funzioni nell’ambito di una programmazione pluriennale che permetta di stabilire le priorità programmatiche, le attribuzioni economico-finanziarie, gli obiettivi e le azioni nazionali nonché i termini di valutazione dei risultati della gestione delle aree protette marine. Strumento di programmazione fondamentale”.

b) Aree Natura 2000

N. 3: “Le aree natura 2000 inserite all’interno delle aree protette diventano di competenza del gestore dell’area protetta. Riconduzione a coerenza interna della gestione dei siti natura 2000. Tali aree ove contigue o all’interno di un area parco saranno gestite dall’ente parco stesso. Sensibile il miglioramento e la semplificazione sulle competenze giuridiche e l’effetto per la conservazione”.

N. 4: “Aree natura 2000 esterne possono essere affidate in gestione ai soggetti gestori. La legge attribuisce la facoltà agli enti parco di gestire un’area natura 2000. L’obiettivo è il medesimo: aree interne a normativa speciale (come le AMP) o esterne ai parchi, ma soggette a conservazione (Aree natura 2000), si  integrano anche nella gestione con il sistema delle aree protette”.

Come già detto, l’attribuzione della gestione delle aree Natura 2000 agli enti gestori delle aree protette è  un miglioramento soprattutto se considerato unitariamente: attribuzione obbligatoria nel caso di aree interne (n. 3),come di fatto normalmente già accade, e facoltativa nel caso di aree esterne (n. 4).

c) Aree contigue

N. 37: “Individuazione aree contigue ed esterne rispetto al territorio del parco naturale, aventi finalità di zona di transizione all’interno del piano. Oggi il parco non ha voce in capitolo sull’individuazione delle aree contigue di competenza della regione, invece cosi le propone rendendole cosi coerenti con gli obbiettivi di conservazione”.

d) Ispra

N. 5: All’ISPRA (Istituto superiore per la ricerca ambientale) vengono attribuite le funzioni di supporto tecnico-scientifico, monitoraggio e controlli ambientali e di ricerca in materia di aree naturali protette, biodiversità e protezione dell’ambiente marini e terrestre. Il supporto tecnico scientifico viene affidato ad un ente nazionale unico, dotato di competenze e personale idoneo allo scopo”.

e) Tempi certi

N. 6: “Nomina del presidente con tempi certi viene mantenuta l’intesa con le regioni ma deve essere resa in  tempi brevissimi  (15gg). Tempi procedimentali più ristretti e maggiore fluidità del diverse fasi procedimentali. Eliminazione dei lunghi commissariamenti e identificazione delle responsabilità”.

N. 22: “Tempi definiti per approvazione del regolamento del parco. Viene stabilito ed esteso a questo procedimento il metodo del silenzio assenso della legge n. 241. Decorsi i termini indicati dalla norma, il regolamento del parco deve intendersi approvato. Oggi i tempi sono indefiniti”.

N. 42: “Pronuncia della regione sul piano entro 60 gg dalle osservazioni. Dimezzati i termini di risposta della Regione sulle osservazioni del piano del parco”.

N. 43: “Abolizione silenzio/assenso per nullaosta ente parco su interventi all’interno del piano responsabilità per il funzionario che non si pronuncia entro i termini. Un cittadino ha diritto ad avere una risposta nei tempi di legge, ma se non la riceve, ne subisce le conseguenze; inoltre queste ultime non possono essere pagate dall’ambiente, ma è giusto che la responsabilità ricada su chi non adempie”.

Questi quattro  punti sono manifestazione di un indubbio miglioramento consistente nell’introduzione di tempi certi, definitivi. Considerare che si tratti di un unico complessivo miglioramento o di quattro specifici miglioramenti  è solo questione di gusti.

f) Presidente

N. 8: “Carica del presidente incompatibile con qualsiasi incarico elettivo e con incarico di amministrazione degli enti pubblici. La presidenza di un parco è un incarico impegnativo al pari di altri incarichi pubblici come il sindaco od altro; pertanto sommare le cose rischia di non far svolgere bene entrambi gli incarichi”.

N. 9: “Nelle more della nomina del Presidente e dei componenti del Consiglio direttivo ai sensi del comma 8-ter, al fine di assicurare la continuità amministrativa e lo svolgimento delle attività indifferibili dell’Ente parco, si applicano le disposizioni di cui al decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444. Scompaiono i commissariamenti sine die. Nelle more della nomina della nuova compagine di vertice si applica la proroga di quelli uscenti”.

g) Direttore

N. 13: “Incarico del Direttore per un massimo di 5 anni e rinnovabile una sola volta. La rinnovabilità per una sola volta permette la massima responsabilizzazione del direttore  e l’abbattimento delle rendite di posizione localizzate, in armonia con tutti gli altri incarichi dirigenziali pubblici”.

h) Ruolo del Ministero

N. 16: “Specifica direttiva del Ministero dell’ambiente per gli enti parco con individuazione di indicatori dello stato di tutela, rendiconti per verifica periodica dell’evoluzione dell’ecosistema. Il Mattm avrà il compito di indirizzare e stabilire misurazioni oggettive e scientificamente fondate dello stato di salute della biodiversità e degli ecosistemi gestiti dagli enti parco”.

i) Unificazione dei piani

N. 32: “Piano del parco: introduzione disciplina anche dei valori culturali insieme a quelli naturali. Il piano del parco amplia significativamente il proprio oggetto. Sono nuovamente introdotti: la disciplina dei valori culturali e la disciplina dei servizi eco-sistemici. Due novità che permettono agli enti parco di qualificarsi come enti in cui si dispone sulla gestione del territorio sotto il profilo culturale, arricchendo le funzioni di indirizzo degli organi di vertice, e, inoltre si stabilisce di disciplinare il nuovo argomento dei servizi eco-sistemici”.

L’introduzione nel piano dei valori culturali insieme a quelli naturali è il risultato dell’unificazione dei piani. Tale unificazione può essere considerata un miglioramento della legge quadro. Non è però esatto che l’introduzione dei valori culturali (i valori culturali non si “disciplinano”) e la disciplina dei servizi eco-sistemici rappresentino una novità: la prima è prevista dal vigente art. 14 a proposito del piano pluriennale economico e sociale; la seconda riproduce gran parte dell’art. 70 della legge 221 del 2015 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali).

l) Gestione faunistica

N. 23: “Gestione della fauna selvatica (art 11.1). In generale l’articolo conferisce a questa importante attività una conformazione più chiara e scientificamente corretta”.

Come si è detto, l’articolo sulla gestione faunistica (art. 9 della pdl) rappresenta  un miglioramento della legge quadro all’ art. 11, comma 4, ma presente un limite molto grave perché fa riferimento solo a mammiferi e uccelli e perciò esclude rettili, anfibi e invertebrati.

m) Beni demaniali

N. 47: “Concessione gratuita beni demaniali all’area parco se richiesti e non sindacabile. Oggi, incredibilmente, se un parco chiede in  concessione un bene demaniale inutilizzato, può non averlo in concessione o averlo dopo tempi lunghissimi ed essere costretto a pagare un canone di concessione come se fosse un privato! La norma compensa questa anomalia”.

n) Revisore dei conti unico

N. 59: “Revisore dei conti unico nei parchi regionali. Si passa da un collegio di tre revisori ad uno unico. I parchi, soprattutto regionali, hanno bilanci molto piccoli, si pensi che per i comuni fino a 15.000 abitanti è previsto il revisore unico. Un comune di 15000 abitanti ha mediamente il bilancio di due parchi nazionali sommati…. Risparmio”.

o) 5 x mille

N. 51: “Possibilità di destinare il 5x mille agli enti parco. Alcuni parchi già oggi sfruttano questa possibilità, ma anche qui senza una chiara norma di riferimento”.

p) Sanzioni

N. 61: “Inasprimento sanzioni per violazioni della 394. Elevate del doppio le sanzioni pecuniarie amministrative. Le sanzioni della 394 (ancora espresse in lire!) vengono adeguate, alcune erano assolutamente ridicole”.

N. 62: “Sanzioni per violazioni della 394 confisca dei beni per prelievo illecito di organismi animali. Nuova norma di grandissima efficacia soprattutto per il contrasto della pesca di frodo nelle aree marine protette”.

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