I disastri politici hanno  pesanti effetti anche sull’ambiente

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Non si tratta certo di una novità né in Italia né nel mondo. E tuttavia forse non è stata mai così clamorosamente evidente.

Gli USA la crisi la negano e soprattutto la ignorano.

Ma anche in Italia e in Toscana non si scherza. Che un ambito delicato e strategicamente determinante e qualificato come i parchi e le aree protette sia anch’esso a grave rischio è noto. Proprio in queste settimane lo abbiamo toccato con mano e non per caso proprio in queste settimane si è tornati a discuterne con minori ambiguità e pasticci che nel recente passato.

Ma che in frangenti come questi si legga che un senatore –Mallegni-di Forza Italia-

intervenendo nella polemica sul Parco di San Rossore dopo le sortite poco brillanti del sindaco di Viareggio, lo inviti a parlare non di parco ma di porco, non di parchi ma di porci la dice lunga sul clima politico del paese e anche della nostra regione.

E la dice lunga soprattutto sulla capacità di certi esponenti istituzionali di stare sul territorio e di seguirne e capirne vicende come quelle del parco che al territorio hanno fatto bene dal Porto di Marina alle dune e la sentieristica. Male hanno fatto quelle rimaste inattuate perché sabotate.

Ho letto che all’indomani del Congresso nazionale di Federparchi il presidente Sammuri ha detto che è facile capire da dove derivano i guai dei parchi; l’antropizzazione. Sono stati e continuano  infatti a derivare da lì i nuovi problemi ambientali  da cui presero le mosse  molti  anni fa le  nuove politiche ambientali; inquinamento, bacini, paesaggio, coste e poi il 1991 con la 394 sui parchi. I piani dei parchi sono stati il primo importante e impegnativo   strumento di pianificazione non settoriale gestita in maniera integrata tra istituzioni statali, regionali e locali d’intesa con ricerca scientifica e rappresentanze ambientaliste. La crisi dei parchi che stiamo vivendo è dovuta al venir meno di questo impegno a partire dal piano nazionale, dove si è operato e si vorrebbe tornare ad operare –come confermano recenti proposte anche di legge nazionali e regionali-in maniera settoriale se non  di ‘categoria’. Senza questa rimozione i guai dell’antropizzazione continueranno a far danni e disastri anche quando non piove a catinelle.

Ecco perché bisogna finalmente tornare a parlare del ruolo e compiti dei parchi- non certo come Mallegni. Noi non rinunceremo a farlo.

Renzo Moschini

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