L’autonomia regionale e i troppi pasticci e rischi

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Ancora non disponiamo delle proposte, più volte annunciate come pronte, sul regionalismo differenziato e già le polemiche tengono banco. E non si tratta certo di una novità, basta ricordare il titolo V e poi il Referendum, la legge del Delrio sulle province. In questi giorni in Toscana i comuni fusi con legge regionale protestano per i soldi promessi che non arrivano; 4 milioni.

Ma forse è bene chiarire in premessa che cosa differenzia anche nei rischi la discussione del passato da quella attuale.

Il titolo V fu un tentativo di avviare una politica federalista ossia di collaborazione stato, regioni ed enti locali. Come poi andarono le cose lo sappiamo.

Questa volta quello a cui si punta specie da parte della Lega e delle regioni che  governa è di sottrarre allo stato competenze e risorse,

insomma piccoli stati del Nord perché le regioni del sud non potrebbero rivendicare lo stesso potere. Se il federalismo, che in Italia non ha mai attecchito significa collaborazione tra stato e regioni, l’operazione attuale segnerebbe la separazione ancor più netta tra stato e regioni. Del resto la legge Delrio sulle province dopo le tante polemiche sulla loro cancellazione ha finito per trasferire alle regioni competenze gestite da sempre in sede locale. E qui si tocca con mano cosa il referendum riservò alle regioni: minori competenze legislative e programmatorie e più compiti amministrativi. Anche quella sollecitazione ad accorpare realtà locali con forti tradizioni che spesso sconsigliano forzature con caratteristiche ‘aziendali’ (vedi polemica toscana) non stimola collaborazioni culturali e di integrazione.

Ecco perché la discussione che  deve coinvolgere su un  piano di pari dignità tutti i livelli istituzioni e non trattative che premino qualche realtà e ne penalizzino ancora una volta tante altre e non solo al sud.

Mi auguro che in Toscana si metta mano il prima possibile a iniziative in cui a dare le carte non siano  quelli che non hanno di meglio da dire ‘prima Firenze’.

Renzo Moschini

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