Le aree protette marine: metà mancano all’appello

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Il Corriere della Sera recentemente ha dedicato un ampio articolo alle nostre aree protette marine.
Delle sessanta individuate dalla nostra legislazione metà mancano ancora all’appello.
Per la trentina più fortunata il ministero dell’Ambiente stanzia quattro milioni di euro, mentre per la Francia solo per la Corsica ne stanzia cinque.
Le nostre sono riserve statali, come nel caso della riserva della Meloria – tanto per fare un esempio che ci riguarda da vicino- che dopo un sacco di anni è stata finalmente istituita e affidata al Parco regionale di San Rossore, ma che resta in collo al ministero. Ugualmente a Portofino la riserva marina è stata affidata ad un Consorzio e non al Parco perché regionale. Insomma, se l’indice di natalità è sconfortante, non lo è di meno il livello gestionale, che è dai tempi della legge 979( cioè da prima della legge quadro sui parchi del 1991) che non ha ancora sciolto un nodo, cosa che non solo la Francia (con noi nel santuario dei cetacei), ma anche l’Unione europea ha già fatto da anni.

L’articolo del Corriere non riporta le opinioni ministeriali che sarebbe stato molto importante conoscere sull’argomento, e –tanto per fare un altro esempio- ammesso che abbia riconosciuto i silenzi sulla legge in discussione al Senato, che proprio alle aree protette marine riserva ipotesi più allarmanti di quelle previste per i parchi terrestri, in ogni caso non fa menzione, il che la dice lunga sulle nostre politiche di tutela ambientale.
Rappresentanti di associazioni ambientaliste da sempre impegnate su questo terreno, come Venneri di Legambiente, ricordano l’estensione e il valore del territorio con i suoi settecento chilometri di costa, le sue dune e duecento ettari di mare, oggi spesso troppo frammentato e soprattutto ‘separato’ nella sua gestione da quella terrestre.
Ricordo un dibattito a Genova, una trentina di anni fa, proprio sul santuario in cui per la prima volta si prese atto che i guai del mare vengono in larghissima misura da terra: inquinamento, pesca, navigazione, speculazione costiera etc; ricordo anche la discussione alla Camera sulla legge sul mare con il Prof. Greco e poi sul ruolo del Ministero della Marina mercantile, i cui compiti non a caso vennero affidati a quello dell’ambiente.
Dopo decenni, però, siamo sempre senza una classificazione dei parchi e delle aree marine protette degna di questo nome.
Tra le strambe proposte in circolazione, la più recente prevede che la gestione delle aree protette marine sia affidata interamente al “Ministero che decide su tutto, quando e come vuole” e per quelle ‘minori’ -diciamo regionali- si pensa addirittura ad una loro privatizzazione. Con tanti saluti agli accordi di Parigi, alle disposizioni comunitarie, all’enciclica papale, al santuario, alla Carta di Livorno.
Se qualcuno non lo avesse ancora capito, qui si può trovare una significativa conferma di cosa vuol dire supremazia dello Stato sulle Regioni e gli Enti locali della riforma costituzionale in discussione. In troppi sembrano aver dimenticato che il primo testo D’Alì presentato al senato prevedeva la cancellazione dalla legge 394 dell’articolo che stabilisce una competenza regionale nei brevi tratti di costa prospicenti le Regioni.
Insomma, per i parchi, e non solo quelli vicino al mare, le cose non potrebbero andar peggio, specie se chi li rappresenta sembra avere altre cose di cui occuparsi. E si incavolano pure se glielo ricordi!

Renzo Moschini

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