Reati ambientali – il senato approva, ora tocca alla camera

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Dopo più di un anno di latenza il Senato finalmente , il 4 marzo scorso, ha approvato il ddl  n. 1345 sulle disposizioni riguardanti i delitti contro l’ambiente.

La notizia, sicuramente positiva, segue un travagliato iter legislativo, il quale ha subito una forte spinta mediatica soprattutto negli ultimi periodi, grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica a seguito di varie vicende, fra tutte, quelle dell’Ilva e del caso Eternit.
Da riportare le dichiarazioni del Ministro Orlando, il quale ha sottolineato la cooperazione politica sottostante al disegno di legge, mediata anche dalle molte istanze provenienti dalle associazioni ambientaliste e dalla collettività in genere.
Naturalmente il lavoro non è concluso, visto che il Senato ha apportato vari emendamenti all’originario Disegno di legge, per cui sarà necessaria un’ulteriore approvazione da parte della Camera.
Vediamo brevemente i punti salienti delle modifiche:
I due reati più importanti (inquinamento e disastro ambientale) vengono modificati sotto un’importante aspetto: nel testo precedente la condotta penalmente rilevante doveva avvenire a seguito di “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale”.
Tale dizione avrebbe causato non pochi prolemi, laddove fosse stato difficile indivduare la disposizione violata, ancor di più nel caso in cui la disposizione mancasse del tutto.
L’emendamento ha tolto questa condizione di punibilità, inserendo invece il concetto di “chi abusivamente cagiona un disastro od una compromissione/deterioramento dell’ambiente”.
Anche se il concetto di “abuso” è abbastanza generico e passibile di varie interpretazioni, rimane pur sempre preferibile alla formulazione rigida precedente.
Tale formulazione lascia abbastanza spazio per poter determinare, caso per caso, se vi sia stata una condotta abusiva da parte di chi ha causato un danno all’ambiente.
Le pene sono state leggermente riformulate: da 2 a 6 anni (invece che da 1 a 5) con sanzioni da 10.000 s 100.000 euro per inquinamento; reclusione da 5 a 15 anni per disastro (invece che da 4 a 20).[1] Con questo leggero ritocco, anche per reato di inquinamento ambientale si potrà procedere ad intercettazioni (possibili per reati con pene nel massimo non inferiori a 5 anni) così come utilizzare anche la custodia cautelare in carcere.
Se è pur vero che il solo aumento delle pene non corrisponde quasi mai ad un effettivo strumento deterrente, dato che in Italia la certezza della pena è ormai da tempo un concetto relativo, di certo gioverà garantire agli uffici della Procura della Repubblica forti strumenti investigativi. Questa pare una scelta importante, almeno concettualmente. I reati ambientali vengono trattati alla stregua dei più gravi delitti, alla pari di omicidio, associazione a delinquere o violenza sessuale.
Fortunatamente il Senato ha lasciato inalterato il raddoppio dei termini di prescrizione.
Brevemente, la prescrizione equivale (circa) al massimo della pena; quindi per il reato di disastro ambientale si parla all’incirca di 30 anni. Giusto per evitare altri casi come il processo Eternit, da poco andato prescritto.
Per il resto il disegno di legge riprende i tratti salienti di quanto approvato alla Camera.
Per ultimo si segnala l’introduzione di un nuovo reato, l’Art. 452-quaterdecies rubricato “Ispezione di fondali marini”.
l’Assemblea ha approvato l’emendamento 1.80, a prima firma del sen. Compagnone (GAL), che punisce con la reclusione da uno a tre anni chi utilizzi la tecnica dell’air gun nell’ispezione dei fondali marini finalizzata alla coltivazione di idrocarburi.
Ciò significa che, chiunque, per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini volte per ricavarne idrocarburi, utilizzerà le esplosioni dell’air gun o altre tecniche simili, rischierà di finire nei guai.
Senza entrare nel merito della questione (a tal proposito annoto il link al Comunicato della Società Geologica Italiana[2]), l’introduzione di tale reato a mio parere potrebbe creare un certo intoppo alla celere approvazione della legge in seconda lettura alla Camera.
Come detto, avendo alcuna conoscenza delle tecniche di prospezione geofisica, mi limito a esporre quella che potrebbe essere una possibilità: dato il forte interesse delle compagnie petrolifere a questa tecnica di esplorazione, e i dubbi sollevati dalla società geologica italiana, la Camera potrebbe eliminare l’articolo. Ciò darebbe di nuovo il via alla spola con il Senato, costretto ad una seconda lettura del testo normativo.
Naturalmente questa è solo un ipotesi, che purtroppo dilaterebbe uteriormente i tempi di approvazione finale. L’augurio è comunque che la Camera ponderi bene ogni aspetto, in modo da arrivare ad un testo il più completo possibile; meglio aspettare un po di più che trovarsi con una legge approvata in poco tempo, ovvero con un nuovo Titolo del Codice Penale subito da riformare.

Niccolò Censi

[1] Per completezza ricordiamo gli altri reati che andranno a comporre il Titolo VI bis del Codice Penale:
Art. 452-sexies. – (Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività);
Art. 452-septies. – (Impedimento del controllo);
Art. 452-terdecies. – (Omessa bonifica);
Art. 452-quaterdecies. – (Ispezione di fondali marini).

[2] http://www.socgeol.it/300/3010/news/comunicato-della-societ–geologica-italiana-sulla-proibizione-dell-uso-di-air-gun–cannoni-ad-aria-compressa–nell-esplorazione-dei-fondali-marini.html

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