Una politica ambientale nazionale inclusiva

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Con i problemi posti dall’esito delle elezioni nessuno può sensatamente ritenere che una nuova politica ambientale di cui vi è urgenza possa ripartire dal parlamento. Visto come erano andate le cose nella legislazione appena conclusasi non sarebbe stato consigliabile in nessun caso ora men che mai. E deve essere chiara la ragione. Certo alcune leggi per fortuna naufragate erano pessime ma quello che deve finalmente risultare chiaro è che oggi più che leggi discutibili di veramente discutibile e mancante è una politica nazionale che riguarda ovviamente innanzitutto lo stato ma anche le regioni, gli enti locali la ricerca scientifica e il mondo ambientalista nelle sue molteplici rappresentanze.

D’altronde basta affidarsi alle cronache per trovare inequivocabile conferma a partire dai parchi e dalle aree protette e proseguendo con il paesaggio, l’inquinamento marino, fluviale, lacustre, l’erosione delle coste, le frane gli allagamenti e via rovinando. Qui altro che leggi che ‘impediscono’ ma politiche di cui si sono perse le tracce nonostante leggi vigenti da tempo e valide. Se oggi parchi storici come l’Abruzzo sono alle prese con rischi assurdi, se i più autorevoli parchi nazionali sono senza un piano e spesso anche del presidente e pure del direttore, se non hanno risorse per pagare la vigilanza è colpa della legge?. Se i parchi della Liguria sono in più d’un caso a rischio chiusura, se Portofino è oggetto ‘sperimenti’ del cavolo, se il Delta del Po è nelle peste proprio grazie a leggi e norme fresche fresche di chi sarà la colpa? Della legge del 1991? E non parliamo delle aree protette marine che la nuova legge diceva di voler rilanciare e che prevede insomma una sua sconcertante privatizzazione. Se la nuova giunta siciliana appena insediata sbaracca il presidente del parco dei Nebrodi Antoci –quello dell’attentato di mafia-per commissariarlo dipende da una legge invecchiata? Se da anni dal ministero dell’ambiente non pervengono notizie mentre nei consigli dei parchi aumentano le rappresentanze di categoria perché i politici e i ricercatori non sarebbero affidabili?

Recentemente il sottosegretario Bressa ha firmato un accordo con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che prevende l’affidamento da parte dello stato nuove competenze tra cui l’ambiente. Altri accordi dovrebbero seguire. E’ certo una importante novità dopo quanto prevedeva il referendum ‘punitivo’ nei confronti delle regioni ordinarie mentre premiava quelle speciali divaricando ulteriormente il solco tra i due ambiti perché così conveniva al governo nella gestione da parte del governo nel ‘nuovo’  senato.

Ci sono come si può vedere le condizioni e la necessità di mettere insieme finalmente un appuntamento nazionale dove la politica e non le manfrine ritrovi la sua scena.

Un appuntamento che richiederà dopo tanta irresponsabile latitanza  anche la presenza dei parchi e di chi li rappresenta o meglio dovrebbe rappresentarli.

Renzo Moschini

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