Perché la legge sui parchi non basta

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La discussione –quando lo è- sulla nuova legge sui parchi si sta invelenendo sempre di più ma non certo avvicinandosi ad un approdo soddisfacente.

Significative al riguardo le reazioni suscitate da un articolo di Luigi Bertone ex direttore di Federparchi ed ex presidente del Parco del Ticino. Merito a parte, la critica anche di autorevoli personalità impegnate nel confronto sull’attuale testo del Senato, riguarda il lungo silenzio di Bertone che ora non senza qualche strafottenza fa una bella strapazzatina al WWF e non solo. La frecciata però più pungente riguarda ‘guarda da dove viene la lezione’. Il dove viene è ovviamente Federparchi che comunque finisca con la legge ne uscirà screditata e e ancor più inaffidabile. D’altronde se il suo presidente da anni sta sostenendo che senza una nuova legge i parchi non sono in condizione di fare il loro mestiere, che di direttori dei parchi devono essere figure amministrative, che le aree protette marine –lo dice lui da presidente del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano (quello di Schettino)- è bene che se le puppi il ministero come stabilisce la nuova legge  e il parco continui a non contare una mazza. In questi ultimi anni Federparchi ha considerato ‘traditori’  tutti coloro che hanno criticato questa latitanza della associazione dei parchi. A me personalmente  è stato dedicato addirittura un documento neppure tanto recente in cui vengo considerato un voltagabbana e un traditore di Federparchi.

Inutile dire che tutti coloro -sempre più in crescita- che non condividono questa sconcertante e inspiegabile sparizione di Federparchi dalla scena (non quella dei piccoli traffici e delle furbate che non mancano) si misurano su ben altri terreni.

Anche per questa latitanza , a partire da quella del ministro, stenta ad emergere e non solo in Parlamento, la consapevolezza che quella che manca oggi –legge o non legge –è una politica per i parchi su cui da anni è stata spenta la luce.

Ripetiamolo per l’ennesima volta; occorreva e occorre  innanzitutto una conferenza nazionale non per consultare ma per confrontare le posizioni oggi in campo. Insomma un appuntamento politico-istituzionali senza leccapiedi.

Renzo Moschini

1 commento

  • Caro Renzo, se sono stato strafottente mi scuso. Non ne avevo l’intenzione. Il mio ‘mattoncino’ può apparirlo, me ne rendo conto. Del resto era scritto come sfogo rivolto a qualche antico amico (l’ho spedito a diciannove indirizzi, fra i quali il tuo) ed era finalizzato solo a dare una motivazione alle domande che rivolgo alla fine e sulle quali, come sai, mi sono sempre arrovellato: che senso ha gridare all’assassinio dei parchi ogni due settimane? A chi e a cosa serve? E perché, per farlo, si usano argomenti che non c’entrano con il merito della riforma della legge e che, anzi, a volte sono contraddittori con esso?
    E, a proposito, converrai che una critica al mio lungo silenzio non c’entra nulla con il merito della questione: stando zitto, non ho certamente fatto del male a qualcuno e, in ogni caso, nella vita a volte si fa dell’altro. Così come non c’entra nulla il riferimento a Federparchi, con la quale non ho rapporti da oltre un lustro, che non rappresento certamente e che comunque non spetta a me difendere, non fosse altro perché è oggi abbastanza differente da quella “dei miei tempi”. Non da quel pulpito, dunque, viene la predica, ma da un prete spretato che non fa lezioni ma si interroga e interroga altri. Possibile che non mi si possa dire dove e perché le mie argomentazioni sono sbagliate su ciascuno dei dieci punti chiamati in causa come fattore di demolizione dei parchi? So benissimo che la vita e la gestione dei nostri parchi avrebbe potuto essere infinitamente – dico infinitamente – migliore di quanto non sia stata anche senza modifiche alla 394. Sarebbero stati necessari una lungimiranza diffusa, dei ministri diversi, delle nomine più oculate, minori manomissioni rispetto a quelle che sono state perpetrate, eccetera. Tutto verissimo. Ma anche queste verità non tolgono a nessuno il diritto di dire quel che pensa – magari anche in positivo – nel momento in cui, “qui ed ora”, qualcuno avanza proposte di modifica della legge. Ho esercitato, del tutto individualmente, questo diritto. Torno a dire che, se l’ho fatto anche solo con una parvenza di strafottenza, me ne scuso. Sarà che in fatto di ‘vis polemica’ ho avuto un maestro eccezionale. Un abbraccio.
    Luigi

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